
Digital Forensics: quando il crimine corre in rete
Quando sentiamo parlare di Digital Forensics, tradotto in italiano come scienza digitale forense, dobbiamo riferirsi all’ambito legale, e precisamente al reperimento, all’analisi e all’uso di prove digitali all’interno di una indagine, sia essa civile o penale. Conosciuta anche come Computer Forensics, o informatica forense, non si limita, come si potrebbe pensare, ai computer come possibili fonti di prove, ma a qualsiasi mezzo che possa moemorizzare file digitali, come i cellulari, per esempio.
Questa scienza (cosí considerata perché si basa su pratiche di acquisizione ed esame per l’appunto scientifiche) spesso viene erroneamente collegata alla sicurezza informatica: difatti, mentre quest’ultima punta principalmente alla protezione di dati sensibili ed alla prevenzione di reati informatici, la Digital Forensics si concentra sulla investigazione, ed agisce dopo che vi è una presunzione di crimine. Come già precedentemente anticipato, non riguarda solo la classica indagine sul pc e sui suoi dati, ma su ogni elemento di archiviazione digitale che possa essere una prova di un crimine, e non agisce solamente sui delitti informatici, ma su ogni tipo di indagine, che essa sia di furto, di omicidio, di spionaggio industriale, eccetera eccetera.
La Computer Forensics nasce comunque, attorno agli anni 50 del secolo scorso, come ausilio alle primissime indagini su crimini informatici, ma viene negli anni 80 sviluppata e ne viene ampliato il margine d’azione, soprattutto con l’avvento dei primi personal computer, grazie anche all’azione di quello che viene considerato il padre della disciplina, ovvero l’agente speciale Michael Anderson, e cresce esponenzialmente con l’evoluzione digitale sia delle tecniche di investigazione, sia del mondo che ci circonda.
Se siete interessati a saperne di più, vi suggeriamo di dare una occhiata approfondita, da buoni detectives, al link che vi lasciamo: Istituto Volta, infatti, ha attivato un corso di Indagini Digitali Forensi!