Oggi, la rubrica “Il Professore risponde: 3 domande su…” ci parlerà di Sicurezza Informatica, assieme al docente del corso del nostro istituto, il dott. Antonio Pozzi.
“Anni fa nelle aziende gli operatori IT erano pochi nel complesso dei dipendenti, ora quasi tutti i dipendenti delle aziende hanno a che fare, chi più e chi meno, con le tecnologie informatiche. Sono stati catapultati in questa tecnologia ma non sono mai stati formati sui reali pericoli che ci sono e che ci potrebbero essere. Di conseguenza, la gran parte degli attacchi vanno a colpire i dipendenti, e purtroppo hanno anche successo. E’ chiaro che manca formazione per i dipendenti, per gli utenti finali e anche per i tecnici che spesso sono rimasti a concetti di sicurezza informatica che si insegnavano 10 anni fa ma, come sappiamo, l’informatica si evolve molto velocemente e bisogna stare al passo con i tempi e formarsi di continuo”.
“Hacker non vuol dire cattivo, piuttosto è il cosiddetto “smanettone” che sfida i sistemi informatici. E’ una sfida di intelletto tra lui e il creatore di un particolare hardware, software o configurazione. Spesso questa “sfida” non è autorizzata e di conseguenza viene associato il termine generico hacker con quello di Black Hat, ovvero hacker “cattivo” che effettivamente danneggia i sistemi informatici, ruba dati ecc. Ma ci sono tanti tecnici chiamati White Hat, o Ethical Hacker che vengono regolarmente pagati da aziende per scovare le vulnerabilità e le falle nei loro sistemi informatici e proporre una o più soluzione per i vari problemi riscontrati”.
“Come per il termine hacker, posso rispondere così: un’arma è buona o cattiva in base a chi e a come si usa. Qui parliamo di reti nascoste ai normali motori di ricerca come Google e per questo sono dei siti web introvabili da un normale utente. Ad esempio la rete Tor è nata per avere privacy, evitare tracciamento, sorveglianza o censura. Quindi compiere reati? No, lo scopo originale era quello di sfuggire alla censura e al controllo, appunto, che è presente in alcuni paesi del mondo. Rispondendo alla domanda, sono reti pericolose soltanto se non si conoscono, per questo è certamente necessaria un’attenta formazione per questi strumenti che possono essere utili e usati per scopi etici. Ad esempio le forze dell’ordine perlustrano il Dark Web in cerca di reati informatici e dei loro autori”.